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Storie di cucito: intervista a Francesca Nardi | Frajole

by Ladulsatina
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La storia di cucito di questo mese è quella di Francesca Nardi @frajole . Francesca è sarta artigiana. Appassionata di cucito sin da bambina, ha iniziato ad usare la macchina per cucire per un periodo durante il liceo. Ha ripreso in mano questa passione nel 2018 frequentando un corso professionalizzante in Sartoria e Modellistica in una scuola di moda in Toscana, dove abita, dopo aver vinto un concorso. Dopo la scuola ha aperto partita iva e si occupa oggi di realizzare capi su misura. Francesca è super appassionata di merceologia e tessuti e spesso ci confrontiamo su questi temi 😄

Ecco la sua storia di cucito. Buona lettura!


Ciao, presentati!

Ciao, sono Francesca, per gli amici Jole, che era il diminutivo di mia nonna Iolanda ma con la J al posto della I (quando qualcuno chiama “Francesca” si girano sempre in tante, con Jole non succede!).
Sono un’artigiana, precisamente una sarta, ho 38anni e sono nata e cresciuta sulla costa centrale toscana. Non credo di poter vivere in posto dove non si vede o si sente il mare.

Francesca mentre progetta un capo per un* cliente.

Come, quando e perché hai iniziato a cucire? 

Ho iniziato a cucire da ragazzina, anzi ho iniziato ad assemblare vestiti per le mie Barbie già da piccola, prima con piccoli rimasugli dei progetti di mamma, nodi e nastrini, poi ho conquistato le spille da balia e ciao, quanto hanno sfilato le mie Barbie! Già alle medie iniziavo a sperimentare tagliando qualche t-shirt, ma l’incontro con la prima macchina da cucire l’ho avuto quando frequentavo il liceo delle scienze sociali (niente moda, al tempo non c’era dalle mie parti). Dopo pochi anni ho mollato perché non avendo basi vedevo tanta differenza tra le mie cuciture e quelle in commercio. Per anni non ho quasi più cucito, poi ho avuto problemi di salute e mi sono concessa un corso di sartoria base, da lì non mi sono più fermata!

Qual è il primo capo che hai cucito? Com’è andata?

Lasciando stare le t-shirt tagliuzzate e sfrangiate tipiche di una piccola parte degli anni ’90, il primo capo che ho cucito è stato un tubino senza maniche e a collo alto in jersey nero! Uno strano modello ma tutto studiato perché ero ancora digiuna di tecniche di cucito e avevo solo una vecchia macchina da cucire casalinga che fortunatamente faceva almeno lo zig zag! Scelsi il jersey perché al tempo un vestito che seguiva le mie forme non mi creava disagio e il tessuto elastico avrebbe compensato alcuni difetti dato che non avevo cartamodello ma copiai una canottiera che avevo già, senza maniche perché non sapevo come farle, a collo alto perché avevo paura di rifinire male lo scollo e all’orlo applicai un pizzo arricciato per dare un pizzico di movimento! Aggiunsi anche delle pences per adattare meglio il vestito al punto vita!
Quel vestito è gelosamente custodito nel mio armadio.

Quando e come hai trasformato la tua passione per la sartoria in professione?

Già dopo il primo corso di sartoria base nel 2018 ho capito che era questa la strada che avrei dovuto percorrere (almeno tentare), così ho studiato attraverso altri corsi online e poi ho vinto un concorso e sono entrata in una classe di una scuola di moda di Pontedera, corso professionalizzante in fashion hand, finanziato dalla regione Toscana e riconosciuto a livello europeo. In 600 ore in aula mi hanno insegnato le basi sia di sartoria (finalmente) sia di modellistica, sbloccando una nuova passione!
Creare abiti su misura è una sfida, ma dà una soddisfazione che vale tutto il viaggio!
Dopo lo stage, l’esame finale e alcuni mesi di assestamento (in cui ho avuto nuovamente problemi di salute) ho aperto la mia attività, non senza difficoltà!

Momento del controllo dei pezzi rilevati dal cartamodello e tacchettatura.

Cos’è e come è nata Frajole, la tua sartoria?

FraJole è il nome con cui mi sono iscritta a Instagram nel 2012 e col quale mi sono presentata al mondo, dapprima il mondo dei miei amici e quando ho iniziato a studiare sartoria anche a tutte le persone che condividevano le loro esperienze, le cose che stavano imparando, così come facevo io. Da profilo privato è diventato pubblico dal momento in cui ho iniziato una piccola rivoluzione anche casalinga: dopo aver visto il documentario “the true cost” ho iniziato a vedere diversamente il mondo della moda ed ho iniziato ad informarmi e condividere sempre più notizie a riguardo. Poi per i problemi di salute sopraggiunti il mio corpo cambiò, non rientrava più nelle taglie dei negozi, non capivo perché visto che non ero tanto diversa da prima, scoprii che una taglia 46 era già fuori mercato e la trovai un’ingiustizia bella e buona. Iniziai a farmi gli abiti da sola, acquistando le riviste che tutti gli appassionati di cucito conoscono, poi è arrivato il primo corso ed ho capito che potevo fare abiti per le persone, non sono le persone a diversi adattare agli abiti! Il nome già c’era, così a settembre 2021 nasce FRAJOLE di Francesca Nardi.

Un momento di pausa mentre ricontrollo le misure di un cartamodello per un pantalone.

Quali sono le difficoltà maggiori che hai riscontrato nell’aprire e portare avanti la tua attività di artigiana?

Una partita iva ha dei costi fissi e dei costi variabili, la maggior difficoltà è riuscire a coprirli, specialmente i primi anni, se non avessi avuto una famiglia alle spalle che a volte ha creduto nelle mie capacità più di me non sarei ancora qui. Non è ancora semplice riuscire a stare a galla con tutte le difficoltà che ci sono, dal marketing delle grandi aziende che spesso è intriso di greenwashing ai costi che spesso non fanno dormire la notte.
Aprire è facile, basta rivolgersi ad un commercialista che verifichi la fattibilità del tutto e ti fa aprire la partita iva, mantenerla è più difficile!

Un momento in cui Francesca disegna i suoi bozzetti.

E quali sono sono gli aspetti del tuo lavoro che ami maggiormente?

Amo vestire le persone, amo i loro feedback, mi piace costruire con loro un capo che non è mai solo un vestito, a volte è una possibilità: possibilità di indossare un abito che si adatta al tuo corpo che cambia come gli abiti che si allargano in vita, possibilità di concedersi un momento di spensieratezza indossando una camicia con le nuvole dipinte ad acquerello da me, possibilità di riconoscersi in uno stile che non si trova nei negozi!
La parte più bella è la realizzazione di un sogno, di un desiderio o il recupero di qualcosa che giace nell’armadio per anni e che può tornare ad essere indossato!

Ci racconti come nasce un tuo capo? Da cosa parti per progettare un capo?

Parto principalmente dal tessuto: scelgo i tessuti in base a severi criteri, ad esempio non ammetto fibre sintetiche (uso il poliestere solo nelle cuciture per una questione di resistenza nel tempo), le artificiali solo se di deadstock o certificate, e ovviamente le fibre naturali ma anche qui non devono avere stampe in gomma o finissaggi impermeabilizzanti ad esempio, per una migliore degradabilità a fine vita del tessuto.
Disegno poi diversi bozzetti che mostro alle clienti e poi passo al cartamodello su misura.
A volte è necessaria una prova in tessuto di tela e poi in tessuto definitivo, a volte si va direttamente alla confezione finale.
Nel posizionare il cartamodello su stoffa sto attenta a sprecare meno tessuto possibile, già nella fase di modellistica penso a come disegnare i vari pezzi per fare un piazzamento studiato al millimetro.
Mi piace proporre anche abiti zero waste che permettono l’utilizzo di almeno il 90% del tessuto che ho, ma siamo abituati ad abiti che seguono il nostro corpo e i modelli zero waste spesso hanno vestibilità quasi orientali, un po’ over.

Le prime 4 varianti della camicia Jole.

Qual è il capo che hai progettato e cucito a cui sei più legata? Perchè?

Credo la camicia Jole, col colletto ad onde, le onde del mio amato mare, realizzata su misura per adattarsi ad ogni fisicità e lunghezza: io ad esempio ho le braccia più lunghe dello standard della mia taglia, per cui costruisco l’intero cartamodello seguendo le mie misure che tra l’altro oscillano tra due taglie da sempre! Ho sempre avuto difficoltà ad indossare una camicia senza sentirmi tirare da qualche parte o vedermela troppo larga per avere la lunghezza giusta, il su misura è stata la soluzione, ora ne ho tante nell’armadio che indosso spesso e volentieri, finalmente!

Francesca indossa la camicia Jole (“E sì, ogni tanto abbraccio gli alberi!“)

E il capo più difficile che hai disegnato e cucito? Perché è stato difficile?

Un cappotto per una cliente, difficile sia per la modellistica sia per la confezione perché con tessuti che non sono abituata a lavorare ma mi sono stati procurati dalla cliente. Il cappotto oltre ad avere una linea inusuale è anche doppiato, quasi double face, non è stato semplice per niente!

L’errore più clamoroso di cucito/sartoria/modellistica o in generale nel lavoro di artigiana e la lezione che hai imparato?

Il cartamodello per un tessuto elasticizzato non si può utilizzare con un tessuto fermo!!
Di errori poi ce ne sono stati altri e altri ce ne saranno, l’importante è riconoscerli e saper rimediare!

In cosa la moda slow e la sartoria ti hanno cambiato la vita?

È un modo di vivere più sostenibile, non amo particolarmente questo termine perché ormai troppo inflazionato, ma è l’unico che riassuma il concetto: per disegnare un abito e poi confezionarlo ci vuole tempo, ci vuole accortezza, studio e manualità che col tempo migliora. Fare le corse porta ad aumentare la probabilità di commettere errori e non ne vale la pena. Meglio meno e bene, non solo nell’armadio ma nel lavoro, nella vita.

L’ultimo refashion fatto: un ricamo sul rêver del trench della cliente.

Un libro (di moda/sartoria/modellistica) che ci consigli di leggere?

Chi mi conosce lo sa, sono un’appassionata di merceologia tessile, per cui un primo libro che mi sento di consigliare è quello che ho amato e continuo a consultare tutt’ora: “Archivio tessile” di S.Sposito, Ikon Editrice. Non si può creare un abito senza conoscere e prendere in considerazione le caratteristiche di un tessuto (armatura+fibra+finissaggi)

Che consiglio/consigli daresti a chi vuole iniziare a cucire?

Avere pazienza prima di tutto! I primi capi avranno sempre qualche difetto, basta considerarli un allenamento, come un riscaldamento per quello che poi cuciremo in futuro! Pian piano la manualità si affinerà e i capi ci daranno sempre più soddisfazione. 
Oltre alla pazienza consiglio di investire in qualche corso di cucito, sia online che in presenza, servono entrambi! 

Francesca alla postazione delle macchine da cucire

E a chi vuole trasformare la propria passione per la sartoria in lavoro?

Un buon business plan, un bel paracadute di risparmi messi da parte e tanto studio e prove.
Vorrei aggiungere anche una buona dose di fortuna ma quella non si trova al metro!

La gonna Angie creata su misura della cliente, misure simili alle mie.

Quali sono i tuoi prossimi progetti?

Sto lavorando alla mia newsletter, già, proprio io che non amo particolarmente le newsletter, ma proprio per questo sto studiando un format che per prima leggerei! Questa nave è quasi in porto!
Sto anche programmando di partecipare a qualche mercatino e fiera da metà estate, ma è ancora in mare questa barca!
In “acque internazionali” c’è anche il desiderio di aprire il mio atelier, ma per questo dovrò aspettare ancora più tempo!
Come dicono quelli bravi: state sintonizzati! 


Grazie di cuore Francesca 🤗❤️

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