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Storie di cucito: intervista a Sara

by Ladulsatina
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La storia di cucito di questo mese è quella di Sara. Sara nella vita si occupa di ricerca oceanografica e la sua è una storia di come il cucito può salvare la vita nei momenti di malattia. Il suo nickname online è Flabellina Babai, che è una specie di coloratissime lumachine di mare (appartiene ai nudibranchi), “mi sembrava di unire così le mie due grandi passioni, il cucito e il mare”.

Ecco la storia di Sara, buona lettura!


Ciao, presentati!

Ciao! Sono Sara, ho 37 anni, sono nata e vivo a Genova con il mio compagno. Per lavoro ho viaggiato molto e vissuto per diversi anni a Trieste, città che ho amato molto, come del resto il mio lavoro: faccio ricerca oceanografica, studio quindi le dinamiche marine, come cambiano, e come questo influenza ed influenzerà il clima globale. Ho lavorato da precaria per molti anni prima di arrivare alla stabilità contrattuale e ho fatto più di 20 campagne oceanografiche nel Mar Mediterraneo, a bordo di navi da ricerca, che è la parte del mio lavoro che amo di più. Da qualche anno nella mia vita è entrato con prepotenza il dolore cronico, causato da un discreto numero di patologie piuttosto invalidanti che si sono “accese” una dopo l’altra, e che mi impediscono di vivere una vita normale.

Come, quando e perché hai iniziato a cucire? 

Ho iniziato a cucire per gioco nel 2018, quando un caro amico mi ha regalato la sua vecchia e problematica Necchi, che è stata la mia prima (problematica!) macchina. Mia nonna, oggi una lucidissima signora di 93 anni, è stata sarta di mestiere – e lo è tutt’ora, anche se cuce meno per l’età – e quel mondo fatto di stoffa, fili, aghi, gesso è stato parte integrante della mia infanzia, per cui mi è venuto naturale provare, quando si è presentata l’occasione. Un po’ per il poco tempo a disposizione, un po’ per i capricci della macchina mi sono limitata per molto tempo a orli, tovaglie, bustine e poco altro. È stato con l’esordio della malattia, nel 2020, che ho iniziato a vedere nel cucito un modo per evadere dal dolore. Le mie patologie sono benigne ma il loro impatto sulla mia vita è stato ed è ancora devastante: sono passata da fare mille cose ed essere sempre in movimento a rimanere bloccata a letto, con l’autonomia che vedevo allontanarsi sempre di più, ed è questo che mi ha spinto ad investire sul cucito: riuscivo (riesco!) ad ottenere soddisfazioni stando più o meno ferma, faticando poco fisicamente ma riuscendo a viaggiare lo stesso tra stoffa e cartamodelli. Non ho mai fatto un vero e proprio corso di cucito in presenza, ne ho fatti però diversi online (tra cui i tuoi!) che mi hanno aiutata molto a capire come proseguire in questa avventura sostanzialmente autodidatta e oggi, finalmente, posso dire di saper cucire abbastanza da non tirarmi indietro davanti a nessuna sfida.

Qual è il primo capo che hai cucito? Com’è andata?

Il primissimo abito che ho cucito, ancora con la vecchia Necchi, è stata una tuta corta con un fiocco davanti di un Burda Easy, un modello tutt’altro che easy. Pensando che fosse perfetta – lo era, ma io a malapena cucivo dritta e sul cotone – avevo scelto una leggerissima seta di composizione mista, che ovviamente mi ha fatto diventare matta, complice anche la macchina che aveva i suoi problemi, specialmente di tensione… non so come, ma sono persino riuscita a finirla, quando la guardo adesso vedo il mucchio di errori grossolani ma non l’ho mai risistemata perché in un certo senso ricordarmi da dove sono partita mi aiuta a vedere i progressi di oggi.

Qual è il capo che hai cucito a cui sei più legata? Perchè?

Qui andiamo sul sentimentale… la scorsa estate sono stata invitata a due matrimoni, entrambi di persone molto speciali per me. Le malattie erano molto fuori controllo (non che ora non lo siano, ma sto un pochino meglio per fortuna) e anche solo l’idea di resistere fuori casa il tempo di un matrimonio era per me una grossa sfida. Inoltre ho sempre un po’ sofferto il giudizio altrui, specie sul vestiario, quindi questi due inviti sono stati una sfida sotto molti punti di vista. Ho deciso che mi sarei realmente sentita a mio agio solo in capi cuciti da me, che mi rispecchiassero nel carattere e che si adattassero al mio corpo, molto cambiato dalle patologie e soggetto a livelli di dolore alti e imprevedibili. Non ho avuto dubbi, avrei cucito una gonna a ruota. La stoffa è stata una delle pochissime che ho potuto scegliere dal vivo, di solito compro online perché la mia autonomia fuori casa è limitatissima, ma quando ho toccato quel cadi verde acqua, lucido, morbidissimo, ho capito che era lui. La confezione della gonna è stata un’epopea: dal disegno, controllato mille volte, al taglio, con la fifa di sbagliare e sprecare quel tessuto così prezioso, il primo veramente di alta qualità. Ma la cosa che ricorderò per sempre è stato l’orlo… non riuscivo a farlo tornare da sola, quindi, come spesso capita quando sono in difficoltà, ho chiesto aiuto alla nonna. Siamo andate un giorno da lei io e la mia mamma, abbiamo fatto mille prove, ad un certo punto c’ero io in piedi sul tavolo della cucina, con le stampelle e in precario equilibrio, e loro che segnavano questo orlo da addosso a me, per poi imbastirlo tutte e tre insieme sul pavimento della cucina, letteralmente tre generazioni di donne introno allo stesso cerchio di stoffa, per poi decidere che no, non veniva pari nemmeno così, smontare tutto e stare a guardare la magia delle mani di mia nonna che, semplicemente posando la stoffa sul tavolo con la gonna ancora indosso a me, accarezzavano la stoffa e la “facevano andare nel suo verso”… e magicamente tutto era perfettamente pari. Un orlo a 6 mani, ognuna con il suo bagaglio di esperienza, per una gonna che, per quanto semplice in apparenza, sarà per sempre La Gonna, per me. Il sopra del completo è stato invece il primo cartamodello (una blusa scollata dietro) per cui ho fatto da tester, cosa che mi ha emozionato molto, rendendo il tutto ancora più magico.

Sara e la mia nonna Rita in uno dei momenti della creazione dell’orlo della gonna a ruota.
Sara che indossa l’outfit completo del matrimonio dei suoi amici (gonna a ruota, blusa ginger di Mammaconstoffa)

E il capo più difficile che hai cucito? Perché è stato difficile?

Direi che il più difficile in assoluto è stato un cappottino foderato che ho cucito lo scorso inverno. Il cartamodello era gratuito e le istruzioni praticamente nulle, mi sono lanciata lo stesso perché avevo foderato un’unica volta prima di quel capo, ma con un modello super e delle istruzioni passo passo, e volevo capire se avevo capito davvero come si facesse. Non è stato il capo più difficile in se, perché forse questo primato va ad un costume reversibile, ma anche in quel caso avevo un tutorial e delle istruzioni dettagliatissime… nel caso del cappottino invece avevo solo il modello e la mia esperienza, mi ha veramente messo alla prova. Ho scelto una lana tartan rosa un po’ particolare e una fodera fiorata in raso di cotone, un abbinamento che non avrei mai scelto se il modello non fosse stato “all’avventura”, e il risultato è stato inaspettatamente splendido. Addirittura ho fatto per la primissima volta le tasche a filetto (che mi spaventavano molto), che sono venute così bene che la nonna, giudice severissima e indiscussa di ogni mia confezione, non ha trovato niente da dire. Ultimo ma non ultimo passaggio ansiogeno sono state le asole, uno dei miei tasti dolenti… a causa dello spessore della lana non riuscivo a farle a macchina, e anche in questo caso mi è venuta in soccorso la nonna, che con pazienza e cura mi ha mostrato, facendolo, come si cuce un’asola a mano. Oggi diremmo “learning by doing”!

Cappotto cucito da Sara.

Quando e dove cuci?

Il mio angolo del cucito è in camera da letto, tra l’armadio e la finestra. È un angolino piccolo e quando cucio di solito è il letto a farmi da tavolo, o l’asse da stiro, o il pavimento a seconda delle dimensioni della pezza. Sicuramente in un futuro non troppo lontano c’è in programma un cambio casa, e uno dei requisiti sarà senza dubbio la stanza per il cucito! E questo è il dove… per quanto riguarda il quando, principalmente nei week end, ma nei periodi più pesanti emotivamente ogni tanto mi ritaglio qualche spazio durante la giornata per riuscire a staccare in qualche modo dal dolore, il cucito è il mio ansiolitico naturale e il potere che ha su di me è davvero tanto riequilibrante.

Quante e quali macchine hai? 

Ad oggi sono la felice proprietaria di una Bernina B335, macchina elettronica basica ma estremamente performante, di una Necchi di ghisa anni 50, la mia prima, che è stata poi nel tempo sistemata in diverse fasi dal suo vecchio proprietario e ora sta nella casa di campagna, e di una tagliacuci Janome (MyLock 644D), con cui ormai ho abbastanza confidenza, anche se l’inizio è stato rocambolesco. I corsi online (tra cui il tuo!) mi hanno aiutato tantissimo per la tagliacuci, senza non so se sarei arrivata a sfruttarne così bene il potenziale, anche se posso sicuramente ancora migliorare molto.

Sara nel suo spazio di cucito.

Scegli prima il tessuto o il cartamodello? Cartamodelli in taglie o disegni tu i tuoi capi? 

Qui potrei rispondere in modo equilibrato dicendo che scelgo il modello e poi il tessuto, che è anche vero alcune volte ed è sempre più vero a mano a mano che imparo, ma sarò onesta: quando vedo una stoffa che mi piace spesso la compro, avendo in mente sicuramente il tipo di capo che potrebbe uscirci, la uso poi quando trovo il modello giusto. Succede anche il viceversa naturalmente, come per la gonna a ruota, ma non posso dire che modelli e stoffe siano in rapporto 1:1. Ho decisamente molte più stoffe che modelli! Una cosa che faccio spesso però, quando sto troppo male per cucire, è immaginare cosa potrei fare con le stoffe che ho quindi diciamo che, almeno nella mia testa, quasi tutte le stoffe della mia “scorta” hanno una destinazione piuttosto chiara. Prima o poi le cucirò tutte, il record al momento ce l’ha un lino comprato nel 2017, quando nemmeno avevo la macchina da cucire, che doveva servire per un corso lampo di mezza giornata in occasione di un addio al nubilato e che poi non ho usato… trasformato questa estate, con massima soddisfazione, in un abito anche piuttosto difficile per i 40 anni di matrimonio della mia mamma.

Per quanto riguarda i modelli uso principalmente cartamodelli in taglia di designer indipendenti, quando ritrovo il mio stile nei modelli di qualche designer mi affeziono e rimango abbastanza fedele, ho cucito anche modelli da riviste ma spesso la parte che mi interessa di più del modello è il tutorial della confezione, perché mi permette di imparare tecniche nuove che poi posso riutilizzare quando invece vado più “a sentimento”, cosa che nelle riviste manca completamente. Mi piacerebbe moltissimo imparare qualche nozione di modellistica, per ora mi limito a qualche sdifettamento, spesso sotto la guida della nonna, qualche modifica semplice e qualche capo altrettanto semplice da disegnare, ma vorrei nel futuro imparare a disegnare i miei capi, vedremo come andrà!

Sara indossa uno degli abiti che le ha dato più soddisfazione, 5 metri di stoffa, 3 balze arricciate e corpetto sagomato (Juliette di Dressmaking Amore)

L’errore di cucito più clamoroso e la lezione che hai imparato?

Da autodidatta sono un’enciclopedia di errori!

Direi che il più clamoroso è stato tagliare un cardigan/cappotto in un giorno di scarsa lucidità, per rendermi conto solo dopo che… mancavano le maniche! Siccome era a quadri mi ero presa lo spazio per farli coincidere quindi quando mi sono accorta che mancava un pezzo avevo troppa poca stoffa rimasta, e ovviamente sul sito era finita. Ci sono stati momenti di panico non indifferenti, alla fine ho trovato una stoffa coordinabile tinta unita con cui ho fatto anche i risvolti, e devo dire che l’effetto finale bicolor mi è piaciuto molto, forse di più che se avessi fatto tutto il capo con la stoffa principale, morale della favola: da ogni errore può scaturire una possibilità a cui non avevi pensato! Devo però anche citare il taglio di una gonna in velluto a costine, tutto bellissimo, se non fosse che una volta montata alcune parti erano completamente diverse dalle altre… perché il velluto ha un verso!! Non lo sapevo all’epoca, ma l’ho decisamente impresso nella mente dopo quella gonna, e adesso controllo sempre.

Cuci solo per te o anche per altri?

Cucio principalmente per me e per i miei affetti, che siano familiari o amici. Mi da molta soddisfazione poter regalare un capo o un accessorio confezionato a mano, o scegliere con le mie amiche modelli e stoffe che soddisfino i loro desideri, ma cucire per me è un atto di cura a cui non voglio più rinunciare.

Sara indossa un gonna a mezza ruota e blusa in lino con rouches

In cosa il cucito ti ha cambiato la vita?

Attualmente, il cucito mi sta salvando la vita: dove la malattia ha tolto il cucito ha restituito. Ho perso tantissime cose, tra cui anche la parte del mio lavoro che amo di più cioè quella sul campo, l’indipendenza fisica, la possibilità di guidare, di essere libera di andare dove voglio, come voglio, quanto tempo voglio. Sono tutte cose che la malattia mi ha tolto, ma quando mi siedo alla macchina mi dimentico tutto, ho un acceleratore che riesco a schiacciare e che mi permette di andare di nuovo dove voglio, di dimenticarmi per qualche ora del dolore, dei problemi, dell’aspetto medico che permea tutta la mia vita, in una parola mi permette di essere libera. Libertà e controllo direi che sono le mie due parole chiave, che forse possono sembrare in contraddizione: il senso è che ho pochissima libertà attualmente nella vita e quasi zero controllo sul mio corpo, ma li ho entrambi quasi totali sulla stoffa. Ultima ma non meno importante la comodità di adattare i capi al mio corpo, che è cambiato tantissimo e per il quale è sempre più difficile trovare capi sia comodi che belli.

Da quando cuci è cambiato il tuo modo di fare acquisti/shopping? Se sì come?

Decisamente! Intanto, come dicevo, il mio corpo è cambiato tanto e la necessità di “rifarsi l’armadio” è molto prepotente. Compatibilmente con il mio stato di salute, se mi serve qualcosa ormai me la cucio… ma devo dire che anche quando acquisto sono molto più attenta: al tipo di tessuto in primis, ma anche alla provenienza e alla cura con cui è confezionato un capo, compro molto meno e con tantissima consapevolezza in più e se posso permettermelo economicamente privilegio le piccole realtà artigiane, che in Italia sono molte di più di quello che pensassi. 

Sara adora cucire le felpe, questa è una delle prime (Didi di Fibremood)

Un libro di cucito che ci consigli di leggere?

Come narrativa ho amato “Le ricamatrici della regina”, come libro di settore il mio preferito è “La grammatica dei tessuti”, che oltre ad essere interessante è anche graficamente bellissimo, dopo il tuo corso sui tessuti mi sono interessata molto alle composizioni, usi e storie dei tessuti.

Sara indossa un kimono realizzato in cotone (cartamodello @cucitodiclaudia)

Che consiglio/consigli daresti a chi vuole iniziare a cucire?

Buttatevi! Sbaglierete, e sarà fondamentale per imparare. Buttatevi anche se non avete basi, anche se non potete fare un corso, ci sono infinite risorse online e una rete sempre più ampia di giovani sarte che creano corsi e tutorial con cui si può davvero arrivare ad ottenere enormi soddisfazioni. 

Qual è il tuo prossimo progetto di cucito?

Accarezzo da parecchio l’idea di cucire una camicia da uomo, ho già fatto qualche prova e qualcosa da donna, penso che sia giunto il momento di provare questo modello, per quanto difficile! 


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